TRIGGIANO – Il popolo ebraico considerava il matrimonio uno dei sacramenti fondanti la comunità Israelita. Agli Ebrei non era consentito il matrimonio con persone straniere per non ledere la fede e le leggi ebraiche.
Si sposavano giovanissimi, il fidanzamento aveva regole e norme ben precise e impegnative; per tutelare la formazione della nascente famiglia concedeva il diritto di rinuncia in caso di guerra, come la morte prematura di un coniuge obbligava la comunità al mantenimento.
Il fidanzamento durava un anno e poteva essere sciolto soltanto per motivi estremi da un atto legale. Maria, la Vergine SS. era promessa sposa quando scoprì di essere in gravidanza, Giuseppe poteva ripudiarla e farla lapidare ma per amore accettò con fede quanto in sogno l’angelo di Dio lo rassicurava sulla fedeltà di Lei.
Il rito dell’unione, con la sposa riccamente ornata, avveniva dinnanzi al Rabbino e sotto un “pallio” che simulava la casa futura degli sposi. I festeggiamenti duravano una settimana.
Nella nostra chiesa Madre, il rito del matrimonio ebraico è ben raffigurato nella grande tela a soffitto “Lo Sposalizio della Vergine con S. Giuseppe”; la tela è la prima entrando in chiesa.
Il dipinto rappresenta il rito dell’unione che avviene sul sagrato del Tempio. Al centro del dipinto, su una triplice scalinata vediamo le solenni figure della Vergine e di S. Giuseppe nel momento dello scambio degli anelli. Alle loro spalle in secondo piano, il Sacerdote Rabbino nell’atto di benedire l’unione. Ai lati degli sposi i genitori Gioacchino e Sant’Anna che con mano tesa benedice maternamente. Sui fianchi una moltitudine di gente degradanti nelle dimensioni e nella intensità della luce, assiste in maniera animata allo sposalizio.
La cerimonia nunziale avviene sotto un baldacchino merlato con fregi dorati in segno augurale.
In primissimo piano due statuarie figure magistralmente illuminate, aprono lo spazio facilitando lo sguardo che penetra libero e scorrevole verso i due sposi, cardine di tutto il dipinto.
La luce calda componente fondamentale del quadro, investe sulla sinistra una donna col bambino simbolo della procreazione. In cielo angeli festanti e riverenti magnificano il momento sacro dell’unione.
L’impianto artistico narrativo della composizione pervaso da una misurata emotività, anima la partecipazione del popolo.
Sul primo gradino della scalinata si legge R. D. Nicolò De Filippis pinse A. D. 1746.
De Filippis eccelso artista triggianese di cui parleremo ancora.
Enzo Di Gioia