Agricoltura, la crisi attanaglia il comparto. Cosa dobbiamo aspettarci?

NOICATTARO – La crisi attanaglia il commercio e l’agricoltura. Abbiamo fatto il punto con Francesco Ciavarella, direttore della Op Terra di Bari, importante realtà cooperativa specializzata nella commercializzazione dell’uva da tavola convenzionale e biologica del nostro territorio.

Il piano strategico nazionale proietta la nostra regione verso un’agricoltura di precisione. Un ruolo importante lo avranno le aziende agricole che devono puntare a diversificare la filiera. In che modo?

L’agricoltura di precisione giocherà un ruolo di primaria importanza per tutte le aziende agricole. Negli ultimi anni abbiamo assistito a un riavvicinamento dei giovani al modo agricolo. È scontato che questo riavvicinamento porterà a dei benefici, grazie all’utilizzo di strumenti digitali nonché all’agricoltura di precisione. Utilissima ai fini della semplificazione dei processi aziendali e quindi all’efficientamento della stessa azienda, aiuterà anch’essa ad abbattere i costi e a semplificare le decisioni aziendali. Attenzione però che tutta questa tecnologia applicata al mondo agricolo fortemente voluta dalla comunità europea non sia solo uno strumento per creare software e hardware, ma di difficile lettura ed integrazione per l’agricoltore. Ritengo pertanto, che tutti questi strumenti debbano portare dei reali benefici alle aziende attraverso una facile lettura dei dati e una gestione autonoma da parte dell’agricoltore.

La Puglia punta a diventare la prima regione nel biologico. Cosa manca ancora affinché possa davvero diventare realtà?

Quello che fino a qualche anno fa era impensabile, si sta concretizzando positivamente. L’Italia è paese locomotore per questa trasformazione green voluta attraverso il Farm to Fork. La regione Puglia, forte delle sue estensioni si sta caratterizzando particolarmente e ha dimostrato con i fatti, non solo di voler offrire al mercato prodotti di qualità eccelsa, ma anche condotti con pratiche naturali e sostenibili. Oggi come oggi, piuttosto che dire cosa manca, direi che sicuramente si può fare di più. Anche in questo caso il ruolo della gdo è di primaria importanza. Se c’è stato un incremento delle vendite biologiche in questi anni, è grazie alla sensibilizzazione fatta al consumatore, ma anche quest’ultimo a volte non è sempre aggiornato su quello che il mercato può offrire. La grande distribuzione organizzata, pertanto, deve continuare ad avere coraggio e mantenere sugli scaffali prodotti biologici. Quest’anno, se da un lato, come gruppo, abbiamo raddoppiato le quantità di prodotto bio venduto sul mercato europeo, dall’altro, abbiamo registrato un mercato in affanno, l’inflazione ha inciso non poco sulle decisioni dei consumatori, inducendoli a fare delle scelte legate alle priorità. Quanto accaduto non deve scoraggiare la grande distribuzione nel continuare a mantenere le referenze dei prodotti bio. Dico questo perché, quest’anno, ad un certo punto della stagione, qualche supermercato ha pensato di togliere la referenza del prodotto biologico dallo scaffale o di ridurne sensibilmente lo spazio dedicato e questo, a mio parere, non deve accadere. Così si rischia di vanificare tutti gli sforzi fatti sino a oggi.

Sono 359milioni di euro assegnati all’agricoltura pugliese grazie al Pnrr. Quanto serviranno ad arginare la crisi che ha colpito il settore con costi di produzione fuori controllo?

Le aziende agricole, soprattutto quest’anno, hanno e stanno ancora sostenendo dei significativi rincari. Parliamo di circa un 25-30% di aumenti su tutte le tipologie di forniture dirette, dal costo del gasolio agricolo, ai concimi, alle coperture plastiche, costi che si aggiungono ai costi indiretti, ossia ai maggiori costi da sopportare per i danni accidentali, sempre più frequenti, procurati dai famosi eventi naturali oramai incontrollabili e quasi imprevedibili. Bisognerebbe iniziare a pensare ad un sistema integrativo di sostentamento e di garanzia reddituale per l’azienda agricola. È impensabile lavorare per un intero anno e poi vedere perdere il proprio raccolto o avere un risultato in perdita.

I numeri di Coldiretti ci fotografano una situazione critica: un’azienda su tre sta lavorando in perdita ma il 13% è ha rischio chiusura. Come si può intervenire? 

Un’azienda su tre è in perdita, è un dato inquietante. Ritengo però necessario entrare più nel merito di questo delicato argomento. Se da un lato i costi stanno mettendo a dura prova tutti gli agricoltori, dall’altro bisogna essere consapevoli che anche le aziende agricole devono essere capaci di innovare. Bisogna uscire dai comuni schemi di produzione e capire che non si è più da soli a vendere, ma viviamo in un mondo globalizzato. L’agricoltore di oggi deve essere pronto a programmare valutando l’aspetto produttivo ma anche il punto di vista commerciale, inteso come quello che il consumatore vuole. Per fare questo, ritengo che l’aggregazione in generale e lo sviluppo di realtà cooperative, per il nostro territorio, possano aiutare sensibilmente a fare queste scelte, guidando il produttore su tipologie produttive, varietà e impianti innovativi.

Se prendiamo come esempio l’uva da tavola, prodotto principe dei nostri territori e la crisi che sta colpendo i produttori quest’anno, capiamo che le aziende che stanno subendo maggiori perdite, sono quelle che in passato non hanno avviato o potuto avviare un rinnovo varietale. Sull’uva questo processo è stato avviato, non vedo ancora purtroppo, la giusta propensione al cambiamento per il comparto cerasilicolo. Ancora oggi ascolto accuse nei confronti dei cosidetti Breeders, ossia nei confronti di coloro che hanno inventato e brevettato le famose uve senza semi. A mio parere, il problema non sono loro, almeno per il momento, ritengo, al contrario che queste società abbiano dato nuova vita e nuovo interesse ad un prodotto fondamentale per l’economia e l’indotto del territorio, ma anche per l’export in generale del sistema Italia. Il problema, a mio parere, che deve porsi il produttore, è se la sua azienda produce o no, un prodotto che al consumatore piace. Per fare questo è necessario che ci sia comunicazione e condivisione tra chi ha i rapporti con la gdo e la produzione.

Giuseppe Russo

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